Macchine per scrivere
La macchina per scrivere è nata secoli addietro, ha avuto una lunga ed interessante evoluzione e poi è finita.
Quasi finita. Perchè ci sono ancora un sacco di appassionati, di collezionisti e di musei che se ne prendono cura.
La storia della macchina per scrivere
Parlare di macchine per scrivere è un po’ come parlare di auto (un altro argomento in cui sono poco afferrato!).
Come per realizzare le prime auto eravamo partiti da ciò che c’era al momento, ossia dalle carrozze, anche per le macchine per scrivere avevamo mutuato per esempio i tasti da quelli di strumenti musicali. In entrambi i campi abbiamo assistito a sperimentazioni e provato a percorrere strade in seguito abbandonate, abbiamo visto la nascita di macchine specifiche per particolari ambiti e infine l’affinamento del modelli destinati alla massa.
Le macchine per scrivere sinora viste, dal vero o in internet, sono suddivisibili nelle seguenti categorie:
- Primi prototipi.
- Soluzioni diverse.
- Macchina tradizionale meccanica.
- Macchina tradizionale elettrica.
- Macchina tradizionale elettronica.
Ciò che al momento più mi interessano sono le macchine tradizionali meccaniche in particolare quelle prodotte in Italia.
Un aspetto importante da tenere presente è che la macchina per scrivere era stata un oggetto da tenere in ufficio sulla scrivania, se non su un mobiletto appositamente costruito. A fianco di essa serviva una calcolatrice, a suo tempo chiamata addizionatrice, per cui alcune ditte producevano, o fornivano, entrambe le tipologie di macchine.
Chi produceva le macchine per scrivere?
Chi non sa che la Olivetti di Ivrea ha prodotto macchine per scrivere distribuite in tutto il mondo?
Però la domanda resta interessante. Per dare una risposta occorre tuffarci nel XX secolo, più o meno tra gli anni che vanno dal 1910 al 1960, anni in cui tra due guerre mondiali e boom economico abbiamo assistito al proliferare delle aziende che producevano macchine per scrivere.
Se vuoi approfondire Macchine per scrivere chi le produceva questo è l’articolo dedicato alle aziende italiane.
Dove si possono vedere le macchine per scrivere?
Le macchine per scrivere meccaniche sono state utilizzate almeno fino agli anni ’80 per cui è abbastanza facile reperirne una a casa di un qualche parente. Il più delle volte sarà una piccola macchina portatile, più raramente una grossa e ingombrante macchina da ufficio.
E’ bello capire perchè si erano evoluti alcuni modelli e più aventi cercherò di scriverne per ora rimaniamo alla domanda dove si possono vedere le macchine per scrivere? Abbiamo musei e collezioni private aperte al pubblico, a questi ultimi va un personale plauso perchè ammiro le persone che hanno deciso di condividere con altri le loro passioni, ognuno ha la propria storia e chissà che piano piano non riesca a metterne qui un breve accenno.
Se vuoi approfondire Macchine per scrivere dove vederle questo è l’articolo dedicato.
Curiosità
Gran parte delle macchine per scrivere meccaniche inizialmente erano verniciate di colore nero.
Vuoi perchè forse la frase di Henry Ford, costruttore di automobili, al quale è attribuita la celebre frase secondo cui ognuno poteva avere una Model T del colore che preferiva, purché questo fosse il nero era basata su principi ampiamente condivisibili anche in altri ambiti industriali.
Vuoi perchè la prima macchina da scrivere italiana come disse Camillo Olivetti nel 1911: “…non deve essere un gingillo da salotto…, ma avere un aspetto serio ed elegante nello stesso tempo.” e anche questo era poteva essere un pensieri condiviso dagli altri costruttori di macchine per scrivere.
L’immagine che ho scelto per la copertina di questo primo articolo sulle macchine per scrivere non raffigura una grande macchina nera dei primi del ‘900. Ma una piccola macchina rossa!
Il modello non è scelto a caso, si tratta della prima MP1, la prima portatile di casa Olivetti. Questa macchina aveva rotto uno schema consolidato. Questa è la macchina fortemente voluta da Adriano, essa segna il passaggio da Camillo ad Adriano, indica la ricerca di nuovi mercati e la voglia di cambiamento. Una vera rivoluzione.
La fotografia non è mia, l’ho rubata dal sito oztypewriter.